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“Con la «Rivista di Studi Fenici» ci proponiamo di offrire una sede comune a tutti coloro che s'interessano di questi studi, riducendo la dispersione degli scritti nelle riviste più varie e meno tipiche alla quale si è finora assistito. Per essa chiediamo anzitutto la collaborazione dei colleghi stranieri, fondamentale per la prospettiva organica a cui teniamo e specialmente necessaria in un mondo di studi largamente irradiato nello spazio tra Oriente e Occidente. Chiediamo al tempo stesso il concorso degli studiosi italiani che comunque si siano avvicinati agli studi fenici, sicché la varietà degl'interessi e delle formazioni divenga, da frammentarietà, stimolo fecondo”. (Presentazione di Sabatino Moscati, in «RStFen» 1, 1973, p. 2)

Per una felice circostanza questa uscita della Rivista di Studi Fenici coincide con alcuni momenti significati della sua lunga storia: una nuova direzione, un nuovo comitato scientifico e redazionale, una nuova veste editoriale e, non ultimo, un volume monografico dedicato ad uno dei massimi esponenti negli studi della disciplina di cui la rivista è il più importante organo scientifico.

Questo volume viene pubblicato, quindi, all’insegna di un rinnovamento che si colloca nel solco di una consolidata tradizione di studi, quella dedicata alle civiltà fenicia e punica, fondata da Sabatino Moscati. Con questo nuovo corso ci si propone, infatti, di proseguire il cammino tracciato nel corso di 43 anni della Rivista, ma con un passo di marcia diverso, dettato dal naturale evolversi di una disciplina caratterizzata da un costante mutamento. Nuove tematiche, nuove regioni, nuovi ambiti cronologici e, soprattutto, nuovi tipi di approccio metodologico rendono sempre più attuale e interessante studiare la storia del Mediterraneo del I millennio a.C. in ottica fenicia, che oggi significa sempre più porre in luce l’indistinto piuttosto che il definito: navigatori, fondatori di “colonie”, eredi e propagatori delle tradizioni culturali siro-palestinesi, precoci assimilatori di altrui tradizioni e, perciò, rappresentanti di un’identità in continuo rinnovamento.

In questa direzione si è mossa la scelta dei membri del comitato scientifico, studiosi di diversa formazione e di diversi Paesi che, per storia antica o recente, hanno avuto un ruolo nello studio del mondo fenicio e punico. L’intento è di fare della Rivista di Studi Fenici un luogo di incontro delle nuove molteplici realtà di cui si nutre e sostanzia oggi la disciplina. Una disciplina la cui ragion d’essere è tutt’ora valida proprio perché si è saputa reinventare al di là dei confini delle categorie accademiche, concentrandosi sullo studio del contesto mediterraneo che, grazie allo spostamento delle popolazioni levantine, si è moltiplicato geograficamente e dilatato cronologicamente. Dagli albori della disciplina, quando l’attenzione era stata rivolta a trovare ciò che di “fenicio” era stato ignorato negli studi, spesso con intenzione, si è giunti ad una fase matura delle ricerche che ha come scopo lo studio dell’interazione tra i diversi popoli del Mediterraneo piuttosto che l’esito di tale fenomeno, cioè la nascita di caratteri culturali ritenuti specifici di ogni singolo gruppo. La plasticità dell’identità dei phonikes, giudicata spesso in senso negativo, si può oggi invece ritenere una qualità straordinariamente attuale che vede il fil rouge della loro storia (formato da un amalgama di lingua e culti, oggetti e immagini) intrecciarsi con le vicende degli altri popoli mutando colore e, a volte, sfilacciandosi, nei luoghi e nel tempo.

Con questo numero ci auguriamo che la Rivista di Studi Fenici possa assumere il ruolo di punto di riferimento per contributi di alto livello sulla storia dei Fenici, dei Punici e di tutti coloro che con essi entrarono in contatto e contribuirono ad arricchire la loro identità in movimento. Le pagine della Rivista saranno quindi uno spazio ideale che, grazie al dialogo tra studiosi di diversa formazione e provenienza, si configura come luogo di dibattito scientifico libero dalle frontiere politiche e culturali che segnano in modo drammatico questi tristi giorni del nostro presente.

EDITORIALE Luglio 2016 (Ida Oggiano)


 “Con la «Rivista di Studi Fenici» ci proponiamo di offrire una sede comune a tutti coloro che s'interessano di questi studi, riducendo la dispersione degli scritti nelle riviste più varie e meno tipiche alla quale si è finora assistito. Per essa chiediamo anzitutto la collaborazione dei colleghi stranieri, fondamentale per la prospettiva organica a cui teniamo e specialmente necessaria in un mondo di studi largamente irradiato nello spazio tra Oriente e Occidente. Chiediamo al tempo stesso il concorso degli studiosi italiani che comunque si siano avvicinati agli studi fenici, sicché la varietà degl'interessi e delle formazioni divenga, da frammentarietà, stimolo fecondo”. (Presentazione di Sabatino Moscati, in «RStFen» 1, 1973, p. 2)

This issue of the Rivista di Studi Fenici happily coincides with a number of significant developments in the magazine’s long history: new management, a new scientific and editorial committee, a new design and, not least, a monograph dedicated to one of the greatest exponents of the discipline in which the Rivista is the most important scientific organ.

The launch of this volume of the Rivista, then, forms part of a renewal that is located within a solid tradition of study – that devoted to the Phoenician and Punic civilizations – founded by Sabatino Moscati. Indeed, this new deal intends to follow the path marked out in the course of the 43 years of the Rivista, but at a different pace, dictated by the natural evolution of a discipline characterized by constant change. New themes, new regions, new chronological scopes and, above all, new kinds of methodological approach give ever greater topicality and interest to the study of the history of the Mediterranean of the first millennium BCE from the Phoenician perspective. Today this increasingly means highlighting the indistinct rather than the clearly defined: seafarers, founders of “colonies”, heirs and propagators of the Syro-Palestinian traditions, early assimilators of the traditions of others and, therefore, representatives of an identity in a continuous state of renewal.

It is in this spirit that the members of the scientific committee have been chosen, scholars from diverse backgrounds and from various countries which, since ancient times or more recently, have played a role in the history and the study of the Phoenician and Punic world. The aim is to make the Rivista di Studi Fenici a meeting place for the multiple new realities that today nourish and strengthen the discipline. It is a discipline whose raison d’être is still valid precisely because it has been able to reinvent itself beyond the confines of academic categories by concentrating on the study of the Mediterranean context which, thanks to the movement of the Levantine populations, has expanded both geographically and chronologically. Following the early days of the discipline, when the focus was on finding the “Phoenician” elements that had hitherto been ignored in studies, often deliberately, a mature phase in the research has been reached which aims to investigate the interaction between the diverse peoples of the Mediterranean rather than the outcome of that phenomenon, i.e. the birth of cultural characteristics thought to be specific to each particular group. The plasticity of the identity of the phonikes, often viewed negatively, can now be regarded as a quality of extraordinary topicality that sees the fil rouge of their history (formed from an amalgam of language and cults, objects and images) become interwoven with the histories of other peoples, changing colour and at times unravelling, across locations and time.

With this issue, we hope that the Rivista di Studi Fenici can become a reference point for high-level contributions on the history of the Phoenicians, the Punics, and all those who came into contact with them and contributed to enriching their shifting identity. The pages of the Rivista will thus be an ideal space which, as a result of dialogue between scholars of diverse backgrounds and nationalities, will be a locus for academic debate that is free of the political and cultural boundaries that so dramatically mark these sad times in which we live.

EDITORIAL July 2016 (Ida Oggiano)